La Calcolatrice e la Coerenza – Una riflessione sull’assortimento di gamma

La Calcolatrice e la Coerenza – Una riflessione sull’assortimento di gamma

Attenti a voi, questa è una lettura non difficile ma che interessa solo i maniaci del mercato dell’auto, dell’industria e del marketing; altri la troveranno noiosa.

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Passi oltre chi si annoia !

quindi siete mezzi avvertiti…

Ogni tanto capita, leggendo di un nuovo modello di automobile, di trovare scritto: “Nella gamma per il mercato italiano” riferito a un motore o a un accessorio. Oppure, all’opposto: “Solo per il mercato estero”.
Insomma, la macchina è sempre la stessa ma c’è ad esempio un certo motore o accessorio disponibile comprando l’auto in un paese ma non in un altro.
Okay, che c’è di strano? Niente ma è interessante analizzare i motivi di queste scelte commerciali.

Il primo, che io chiamo la Calcolatrice, è abbastanza intuitivo; il secondo, la Coerenza, lo è già di meno.

La Calcolatrice è il tema principale, quello certo, ed è motivato dalle economie produttive e logistiche. Cambiano a seconda dei casi ma definiscono, in linea di massima, che è più conveniente per il produttore fornire solo quel che sicuramente serve a un certo mercato (nazione o area geografica), quel che verrà, con numeri significativi, richiesto dai clienti.
Concetto riconducibile anche anche a test di mercato come questo: Scelta fra manuale e automatico
Per fare un esempio, una linea di montaggio per un certo motore poco richiesto, verrà dimensionata per rifornire solo alcuni mercati, perché crearne una più grande per vendere pochi pezzi in più su altri mercati sarebbe antieconomico.
Ricavi meno costi, un calcolo semplice.

motori-auto-catena di montaggio

Sono per tutti questi motori? Dove li piazziamo?

 

Il secondo motivo è quello più interessante, perché economicamente più incerto e perché si basa su un assunto discutibile legato al marketing.

Quello che si potrebbe chiamare Coerenza.
Supponiamo per un momento che la prima questione descritta, cioè quella economicamente calcolabile, non esista; facciamo cioè finta che si possa fornire qualsiasi tipo di variante di un’automobile (fra quelle già previste) su qualsiasi mercato e senza costi aggiuntivi per l’impresa.
Bello, no? Perché non approfittarne?

Con il metodo di calcolo più elementare sarebbe di certo una cosa profittevole. Se vendo un’auto con un certo motore di nicchia ho venduto un esemplare in più.
Quindi bene?
Non è detto.
Magari l’auto si sarebbe venduta comunque oppure no, si sarebbe persa una vendita e l’acquirente avrebbe scelto un modello della concorrenza ma, in un’ottica di più ampio raggio, sarebbe stato meglio così.

Mi spiego meglio.
Con un esempio.

Qualche anno fa nella gamma propulsori dell’Audi A4

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Se il motore è loffio l’auto è sempre premium?

era previsto il motore diesel da soli 75 cavalli, ma non per l’Italia.
Perché? Forse per mere questioni da Calcolatrice, ma più probabilmente perché le scarse vendite che tale versione avrebbe registrato nel nostro paese non avrebbero compensato la perdita d’immagine che il modello, che in Italia godeva di una percezione piuttosto elitaria e prestazionale, avrebbe subito.
La Coerenza.

Un altro esempio.
La Fiat Freemont era annunciata al debutto sul mercato anche nella versione 5 posti oltre che in quella a 7 ma subito dopo, in Italia, è rimasto disponibile solo l’allestimento sette posti.

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Vogliamo che si sappia: non è solo Suv, è anche accogliente.

Motivi da Calcolatrice ma forse anche la volontà di definire, in termini di comunicazione, la vocazione precipua di quell’auto, cioè di un Suv con capacità da monovolume.
Sempre la Coerenza; in questo caso per indurre una percezione, non solo per confermarla.

 

Si è capito quel che ho cercato di spiegare? Spero di sì.

Quanto durano le nostre automobili?

Quanto durano le nostre automobili?

– Troppo. Le automobili durano troppo.
– Come troppo? Troppo per chi?
Ahhh, per i costruttori avidi che vogliono dissanguare noi poveri automobilisti!
– No, durano troppo per il consumatore moderno e desideroso di spendere.

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Una ragazza (sorridente) norvegese con un’auto (vecchia) targata Norvegia.

In Norvegia c’è una tassa per chi cambia l’auto prima di 8 anni. Però incentivano le elettriche, bisogna dirlo.
In Danimarca l’IVA sulle auto è del 105% ma se vi girasse di spendere più di diecimila euro sale a 180. Tiè!
Perché? Perché non fabbricano auto e non se la raccontano sulla necessità di cambiarle.
E la sicurezza? E le emissioni inquinanti?
Niente scuse, chi cambia l’auto lo fa perché, potendoselo permettere, ne vuole una nuova.

Parliamoci chiaro, chi è che si tiene veramente la propria auto fino a quando lei non ce la fa più? Siamo più spesso noi a stufarci, non lei a cedere.

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Spingere un’auto. Un evento sempre più raro.

A un certo punto si dice a noi stessi, alla famiglia, agli amici: “è vecchia, ha 10 anni, l’altro giorno si è rotto quel pezzo lì”.
Di solito è vero ma l’età e un guasto, che da nuova non ci avrebbe fatto pensare di cambiarla, non sono un buon motivo. Siamo noi che lo facciamo diventare un buon motivo.

I materiali moderni e l’uniformazione degli standard produttivi consentono aspettative di vita molto lunghe per le nostre compagne di strada.
D’accordo, le macchine non sono tutte uguali ma un fatto assodato è che le automobili nuove, ormai da tanti anni, durano davvero molto.
Un tempo arrugginivano, anche stando ferme, e gli standard costruttivi variavano molto da un produttore all’altro.
Oggi non più.

L’auto andrebbe cambiata solo quando il costo del ripristino di un incidente

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Un bravo lattoniere?

o di un guasto

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Non chiederti cos’è stato ma quanto costa.

o di una zozzeria indicibile

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La prossima la tengo pulita, lo giuro.

è molto vicino al valore dell’auto stessa. Per esempio se c’è da rifare il motore, o se si rompe un cambio automatico o se c’è una somma di lavori che abbiamo procrastinato (ammortizzatori+gomme+freni…) complessivamente troppo onerosi.

I professionisti della guida, quelli che tengono il proprio mezzo fino allo sfinimento, lo sanno bene.
L’altro giorno ero in taxi e ho chiesto all’autista quanto consumasse in città la sua vettura ibrida e se ne era contento. Mi ha risposto che ce l’aveva da pochi giorni ma quella prima, modello simile ma non uguale, l’ha cambiata a 520.000 km.

Gli altri guardano con sospetto la propria macchinina con uno zero in meno.
Gente ingrata, noi proprietari.

 

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Già finita la strada insieme?

 

Spero di avervi fatto sentire in colpa.

Saluti & Baci

 

 

 

Quando andavamo in astronave – Il futuro passato dell’auto

Quando andavamo in astronave – Il futuro passato dell’auto

C’era una volta il futuro…
Quale futuro? Quello delle auto, certo.
Un futuro con la forma a metà fra un disco volante cinematografico e un razzo orbitale davvero esistito. E magari a propulsione nucleare; giusto per non farsi mancare nulla.
Sempre con le ruote e i fari, cioè l’indispensabile per riconoscervi comunque la cara vecchia automobile, in quella cosa lì. Con tanto di striscia bianca sulla gomma.
Una roba più o meno così:

1959-Cadillac-Cyclone_a

Niente di utile ma molto di bello…

Oppure così:

1954-ford-fx-atmos

Le luci al centro sono reattori in funzione?

O ancora un’altra:

Future car

Questa sembra quasi credibile

E guardate che famiglia felice qui sopra.
Un modello sociale ancora intatto negli anni Cinquanta e Sessanta ma proiettato verso l’infinito e oltre, per rubare le parole al protagonista di un film ottimista ma, anch’egli, mai esistito.

Sì perché non è che queste auto non le abbiano mai fatte, a livello di prototipo puramente estetico, si capisce. E’ che ci credevano così poco che di norma, dopo averle esibite a un salone dell’auto,

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4 pinne di coda per ogni lato. Abbondare è meglio.

le portavano direttamente alla pressa per farle distruggere, invece di sistemarle nel museo della casa costruttrice.
Non c’era mica da andarne orgogliosi di quelle robe.

“Non sia mai che fra trent’anni ci chiedano come mai non è andata così”, si saranno detti all’epoca i dirigenti di General Motors, Ford e Chrysler; cioè le Big-Three americane che ogni tanto estraevano dal cilindro queste trovate da prestigiatore forse ma da incantatore sicuramente.
Incantatore dell’immaginario. E nient’altro.

Pensateci bene: quasi tutto quel che veniva vantato su queste auto del futuro non era avveniristico, era semplicemente inutile.
Abitacoli separati, cloche al posto del volante, sistemi d’apertura assurdamente complessi, appendici aerodinamiche inservibili su un’auto.
Per non parlare dei mirabolanti motori che venivano promessi e che mai sarebbero stati prodotti !

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“Toglietemi le ruote e decollo”

Fai bene a sorridere, ragazzino dei tempi che furono, perché oggi che sei già in pensione lo sai: quel triciclo alato è il mezzo più moderno che tu abbia mai guidato.

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Dov’è finito il futuro?

Saluti&Baci

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Quanto è sicura la mia auto? Il peso dell’auto negli incidenti (un tema antipatico)

Quanto è sicura la mia auto? Il peso dell’auto negli incidenti (un tema antipatico)

Non di un peso metaforico qui si tratta.
Cari miei, ogni tanto vi propino un discorso utile e, in questo caso, un po’ antipatico. Io almeno, lo trovo tale.

Vi siete mai chiesti quanto sicura sia la vostra auto?
Anche fra chi si intende abbastanza di automobili, noto nelle discussioni sul tema, c’è scarsa consapevolezza di un aspetto, dei tanti, che riguardano la sicurezza dell’auto.
Premettiamo come è ovvio che qui si parla solo di sicurezza passiva, cioè della capacità di un veicolo di proteggere i suoi occupanti una volta avvenuto uno scontro.
Che cosa si pensa subito in merito?
“La mia è una macchina moderna quindi sarà sicura, so che ha tanti airbag e che ha un buon punteggio sulla sicurezza!”.
Ragionamento corretto, di solito.

Ma purtroppo non è tutto e in pochi riflettono su ciò.
E’ solo un esempio, ma guardate la foto qui sotto:

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Brutta botta: peso e altezza diversi.

I modelli dell’immagine sono la Fiat 500 e l’Audi Q7,

ritratti in un test effettuato qualche anno fa da un ente automobilistico tedesco.
Il test fece scalpore per la diffusione irrituale e venne anche accusato di voler mettere in cattiva luce la piccola auto italiana che riscuoteva successo anche in Germania.
Polemiche a parte, la sua evidenza si presta al tema qui affrontato.

La Fiat 500 e l’Audi Q7 erano vetture contemporanee, progettate con criteri di sicurezza simili e la 500 godeva di una valutazione più alta (5 stelle contro 4) nei test EuroNCAP, cioè il riferimento europeo in materia di sicurezza.
Ma la prima è una vettura cittadina di piccole dimensioni, mentre la seconda era forse il Suv più grande prodotto in Europa; con una differenza di peso più che doppia.

Per completezza aggiungiamo che anche la forma dell’auto ha la sua importanza; nel caso citato per via della differenza di altezza, ma il grosso del peso lo ha… il peso!
Qui sotto l’immagine dello scontro di due modelli dall’altezza simile ma di peso molto diverso:

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Differenza di peso, altezze simili.

Una Mercedes S e una Opel Corsa di diversi anni fa.

 

Un’auto grande e pesante uscirà molto meglio da uno scontro con un’auto più piccola. Di conseguenza, a parità di altri fattori, anche chi si trova a bordo dell’auto.
I test sulla sicurezza, per quanto affidabili, non valutano questa semplice realtà.

Che conclusione se ne può trarre?
E’ vero che chi sceglie che macchina acquistare lo farà sempre sulla base delle proprie esigenze di mobilità e delle disponibilità economiche ma chi, a ragione o no, teme molto le conseguenze di un incidente, dovrebbe considerare anche i fattori qui descritti.
Sapendo – e da qui il giudizio di antipatia verso questo tema – che quel che guadagna in sicurezza l’occupante dell’auto più grande, andrà a penalizzare chi si trova su quella più piccola.
Triste ma vero.

Come ti convinco a cambiare macchina – Il marketing strategico dell’auto

Come ti convinco a cambiare macchina – Il marketing strategico dell’auto

“Come facciamo a guadagnare di più?”
E’ la domanda che, coscientemente o meno, un imprenditore sempre si pone. O dovrebbe porsi.
Decliniamola al plurale, ché qui son grandi imprese, son tanti azionisti e ci sono i bonus per i dirigenti.

Nel campo degli elettrodomestici si parla spesso di obsolescenza programmata, un concetto vago riassumibile nello spingere i consumatori a cambiare un certo apparecchio anche se ancora valido e funzionante.
Nella sua versione più meschina si traduce nel fatto di accorciare la vita utile dell’oggetto, progettandolo per rompersi il prima possibile ma dopo la scadenza della garanzia e in modo tale da non favorirne la riparazione.

elettrodomestici

Non è di questi che qui parliamo.

 

Nella versione qui affrontata il concetto di obsolescenza programmata assume una spiegazione molto più soft e certamente lecita, anche moralmente.

E che ben asseconda un desiderio inconscio degli automobilisti, qui descritto:

https://autosenzafreni.net/quanto-durano-le-automobili/

C’è stato un momento di magica sincronia di pensiero alcuni anni fa tra gli amministratori delegati di certe case automobilistiche.

brainstorming

Abbiamo tutti la stessa idea?

 

Pensa che ti ripensa, un bel giorno ci si disse, fra grandi capi:

-“I nostri clienti hanno i soldi per cambiare l’auto ma non hanno un motivo per farlo. Quella che possiedono funziona ancora bene e il modello che noi vendiamo è sempre lo stesso”
-“quindi che si fa?”
-“facciamo venir voglia di comprarne un’altra”
-“e come?”
-“semplice, accorciamo la presenza sul mercato dei nostri modelli da 10 a 6 anni!

Questa è stata la grande pensata.

Fino a non molti anni fa un modello restava sul mercato per almeno 10 anni, spesso anche 12, mentre oggi casi del genere sono eccezioni. E subiva solo un restyling di mezza vita, abbastanza consistente ma non decisivo.
Dopo si è stabilito, soprattutto fra i costruttori con clientela più facoltosa, di accorciare per quanto possibile la vita commerciale dei vari modelli.

Con questa strategia aumentano anche i costi di progettazione ma non in maniera così netta come si potrebbe supporre, perché quel che conta per il cliente è innanzitutto la percezione di acquistare un nuovo modello di auto.
Recentemente una nota rivista automobilistica ha ammesso che dopo una prova su strada di una ennesima serie di un diffuso modello, ha fatto provare la nuova nata a possessori della vecchia versione modello per avere opinioni sull’effettivo miglioramento percepito.

Tale percezione dipende soprattutto:

  • dall’aspetto estetico (linea e interni diversi),
  • da quello sensoriale (dinamica di guida variata ma non necessariamente migliore)
  • e da quello “tech” (strumentazioni e accessori all’ultimo grido)


molto di meno dall’effettivo passo avanti nell’evoluzione tecnica. Che c’è sempre ma non è importante come la si descrive.

 

Mercedes W123Mercedes-W124Mercedes classe EMercedes W211

La Mercdes Classe E (così chiamata dal 1993) in alcune delle sue, sempre più frequenti, edizioni.

 

Ha funzionato? Non del tutto.
Perché non tutte le case automobilistiche hanno applicato questa regola non detta allo stesso modo e perché, in fondo, gli acquirenti non si sono rivelati ricchi come si pensava.

cliente senza soldi

I soldi, in certe tasche, non sono molti…

A livelli medio-alti, nelle fasce di mercato e per i marchi più remunerativi, il gioco funziona.
Nei segmenti più popolari i costi di progettazione e sviluppo, nel rincorrersi della concorrenza, sono sempre elevati e il ricambio generazionale dei modelli richiede un numero di esemplari venduti molto alto per essere profittevole.
E’ andata bene ai costruttori cosiddetti premium, che possono farsi pagare bene le novità; altri si leccano le ferite della concorrenza al ribasso sui prezzi.

Il mercato cambia, a volte più in fretta delle idee…

 

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