I 250 all’ora autolimitati
Aveva un senso in termini di stile; come se dicessero “possiamo ma la corsa alla velocità non ci riguarda”.
Secondo i detrattori era anche una scelta di cartello, per non investire in ricerca e soluzioni aerodinamiche. Anche perché non si trattava spesso di autentiche auto sportive ma solo potenti, come Mercedes S e Bmw 7.
Inoltre all’epoca non si era ancora affermata l’attuale impronta “muscolare” verso la quale tendono un po’ tutti i costruttori premium. Il desiderio comune era più improntato verso un’eleganza compassata, non necessariamente sportiva. Non solo in campo automobilistico.
Di fatto questi costruttori già limitavano da tempo la velocità delle loro versioni di gamma più potenti e all'epoca, quando modelli estremi come gli attuali non c'erano e le potenze in gioco erano più basse, pareva a tutti una buona idea.
Comunemente si parlava di velocità limitata elettronicamente, nel senso che interveniva un blocco che impediva all'auto di accelerare oltre.
Oggi questo accordo è caduto largamente in disuso ma mi ha fatto tornare alla mente un caso particolare ad esso riconducibile: la prima Bmw M3 serie E36.
Quest'auto, della potenza di 286 cavalli e probabilmente la migliore della sua categoria, si dimostrava nelle prove su strada eccezionalmente reattiva, tanto da battere in ripresa modelli molto più potenti. Per esempio, nel test della rivista Auto aveva realizzato la ripresa da 80 a 160 orari in circa 15 secondi contro i 17 della Ferrari F355, un'auto da 380 cavalli.
Il motivo di tanta brillantezza era anche nel predetto limite di 250 orari.
Esso non veniva principalmente rispettato tramite un blocco elettronico, ma semplicemente accorciando i rapporti della trasmissione; tanto che a 250 all'ora in quinta (rapporto più lungo) il motore era vicinissimo al massimo dei giri.
Accordo rispettato, con beneficio sulle prestazioni.
Velocità massima a parte, of course.
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