C’era una volta il futuro…
Quale futuro? Quello delle auto, certo.
Un futuro con la forma a metà fra un disco volante cinematografico e un razzo orbitale davvero esistito. E magari a propulsione nucleare; giusto per non farsi mancare nulla.
Sempre con le ruote e i fari, cioè l’indispensabile per riconoscervi comunque la cara vecchia automobile, in quella cosa lì. Con tanto di striscia bianca sulla gomma.
Una roba più o meno così:
Oppure così:
O ancora un’altra:
E guardate che famiglia felice qui sopra.
Un modello sociale ancora intatto negli anni Cinquanta e Sessanta ma proiettato verso l’infinito e oltre, per rubare le parole al protagonista di un film ottimista ma, anch’egli, mai esistito.
Sì perché non è che queste auto non le abbiano mai fatte, a livello di prototipo puramente estetico, si capisce. E’ che ci credevano così poco che di norma, dopo averle esibite a un salone dell’auto,
le portavano direttamente alla pressa per farle distruggere, invece di sistemarle nel museo della casa costruttrice.
Non c’era mica da andarne orgogliosi di quelle robe.
“Non sia mai che fra trent’anni ci chiedano come mai non è andata così”, si saranno detti all’epoca i dirigenti di General Motors, Ford e Chrysler; cioè le Big-Three americane che ogni tanto estraevano dal cilindro queste trovate da prestigiatore forse ma da incantatore sicuramente.
Incantatore dell’immaginario. E nient’altro.
Pensateci bene: quasi tutto quel che veniva vantato su queste auto del futuro non era avveniristico, era semplicemente inutile.
Abitacoli separati, cloche al posto del volante, sistemi d’apertura assurdamente complessi, appendici aerodinamiche inservibili su un’auto.
Per non parlare dei mirabolanti motori che venivano promessi e che mai sarebbero stati prodotti !
Fai bene a sorridere, ragazzino dei tempi che furono, perché oggi che sei già in pensione lo sai: quel triciclo alato è il mezzo più moderno che tu abbia mai guidato.
Saluti&Baci
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